I recenti terremoti in Abruzzo hanno riportato in auge alcune riflessioni sull’ingegneria sismica, in particolare c’è da chiedersi se il nostro modo di progettare è corretto oppure se non sia necessaria una “rivoluzione culturale“.
Anzitutto è doverosa però una premessa: non saranno nuove norme o nuovi elaboratori elettronici il vaso di Pandora, soprattutto se poi in cantiere si eseguono orrori di esecuzione (vedi “Terremoto in Abruzzo: le staffe, queste sconosciute…“, che richiamo spesso perché è un argomento che ho particolarmente a cuore).
Però qualcosa di innovativo effettivamente c’è, anzi, c’è anche da un bel po’, ma nel mondo delle costruzioni le innovazioni seguono tempi paragonabili alle ere geologiche. Partiamo dalle basi: i criteri di progettazione seguiti in passato si basavano sulla resistenza. L’edificio doveva resistere alle azioni rimanendo in campo elastico; il criterio prende il nome di FBD, Force Based Design, ovvero una progettazione basata sulle forze, sulla resistenza per l’appunto.
Ma c’è da fare una riflessione però: mantenere l’edificio in campo elastico sotto l’azione di un sisma comporta il dover sovradimensionare la struttura e non sfruttare le eventuali maggiori risorse della stessa. Le risorse cui si fa riferimento sono quelle in campo plastico, più precisamente le escursioni in campo plastico che definiscono la cosiddetta duttilità strutturale. L’edificio da semplice oscillatore elastico viene visto allora come un oscillatore semplice elasto-plastico, il che ci consente di decurtare le azioni facendo affidamento proprio sulla duttilità. A seconda che l’oscillatore sia rigido o deformabile è possibile applicare i principi di uguaglianza dell’energia o di uguaglianza degli spostamenti ed ottenere il fattore di struttura a partire dalla duttilità disponibile (per oscillatore rigido si veda: “Fattore di struttura e duttilità: sono la stessa cosa?” e gli esperimenti di Newmark sugli oscillatori elasto-plastici).
Questo ha fatto si che si passasse da una progettazione basata sulla resistenza ad una basata sulla duttilità, quindi da Force Based Design a Displacement Based Design, DBD.
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Il passo successivo è stato sfruttare al meglio la duttilità e dissipare l’energia con appositi accorgimenti. Questo ha portato alla definizione del criterio della gerarchia delle resistenze, GdR, ed alle soluzioni a dissipazione concentrata.
Con il primo sistema si cerca di guidare il comportamento della struttura in campo plastico facendo in modo da avere una resa maggiore. La differenza di comportamento tra questi due telai è evidente:
Il secondo vede la formazione di cerniere plastiche sui pilastri, non rispettando il criterio di trave debole in pilastro forte e si ha anche la formazione di un meccanismo di piano debole (pericolosissimo). Nel primo caso, invece, si hanno cerniere in tutte le estremità delle travi, a tutto beneficio della duttilità (per maggiori dettagli si veda: “Terremoto in Abruzzo: il meccanismo di piano soffice nel crollo degli edifici“).
Ma il virtuosismo del guidare il comportamento delle strutture ha trovate anche altre applicazioni, come ad esempio l’impiego di controventi eccentrici, ovvero i già citati sistemi a dissipazione concentrata in soli alcuni elementi; ad esempio negli EBF, Eccentrically Braced Frames, trattasi dei link. Il link – nelle sue varianti corto (lavora a taglio), lungo (lavora a flessione) ed intermedio (flessione e taglio) – è l’elemento cui viene affidata la dissipazione dell’energia sismica; il resto rimane in campo elastico.
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C’è un filo comune in tutto ciò: tutta l’azione sismica arriva alla struttura la quale, in un modo o nell’altro, cerca di fronteggiarla.
La rivoluzione culturale di cui si parlava all’inizio allora potrebbe risiedere nel non fare arrivare il sisma alla struttura o comunque farne arrivare solo un’aliquota. E’ questo il principio sul quale si fonda proprio l’isolamento sismico: isolare la struttura dal suolo, disaccoppiandone i moti (una spiegazione dei principi alla base dell’isolamento sismico saranno contenuti in un articolo futuro).
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In realtà, però, stiamo parlando di rivoluzione culturale e di qualcosa che sta facendo da poco “capolino” sul palcoscenico delle strutture ma questo non corrisponde esattamente alla realtà, dato che l’isolamento sismico ha origini non recenti.
Le prime applicazioni sono da far risalire alle antiche civiltà presenti in Cina, Grecia, Perù ed Italia; in pratica si disponevano in fondazione strati di materiale di vario genere, come carbone, velli di lana, sabbia, in modo che si potesse favorire lo scorrimento della struttura rispetto al terreno. Si hanno riferimenti certi di un’applicazione a Kyoto, per il Sanjusangendo, un tempio buddista contenente un famoso edificio costruito per ospitare mille statue. Il nome formale del tempio è Rengeoin, e Sanjusangendo è propriamente il nome dell’edificio principale.
Il primo documento che certifica l’idea il disaccoppiamento del moto della struttura dal suolo risale al 1870, grazie al francese Jules Touaillon. Il suo sistema prevedeva l’uso di sfere portanti poste tra la base della sovrastruttura e la fondazione. L’immagine che segue testimonia i suoi studi:
Si legge chiaramente: 15 febbraio 1870. In realtà questo sistema non fu mai applicato e passarono 130 anni prima che le idee di Jules Touaillon potessero concretizzarsi. E’ solo nel 2001, infatti, che Hyakuda et alii sperimentarono il sistema, noto come Doppio Pendolo Concavo ad Attrito (Double Concave Friction Pendulum – DCFP).
Gli studiosi presentarono sia la descrizione del sistema che la risposta di un edificio isolato con questo metodo. Nel 2001, come adesso, si parlava di qualcosa di rivoluzionario, nonostante fosse stato ideato 130 anni prima.
Ma torniamo al nostro excursus storico, perché alcuni anni dopo Jules Touaillon, precisamente nel 1891, arrivò un’altra proposta da parte di K. Kawai. L’idea era simile a quelle antiche di cui abbiamo già parlato e consisteva nell’inserimento di strati alternati di calcestruzzo e tronchi di legno posti sotto la struttura.
Nel 1906, invece, ci fu una proposta simile a quella di Jules Touaillon ad opera di Jakob Bechtold, il quale suggeriva di creare un cuscino di sfere metalliche che facesse da strato isolante per la struttura.
Anche in questo caso, un’immagine del brevetto ne testimonia il lavoro:
Da notare la data: 16 febbraio 1907 e la denominazione: “earthquake proof building“.
Ma il tutto restava ancora a livello di idea abbozzate, concepts. E’ nel 1909 che arriva un vero progetto, dettagliato e con tanto di particolari costruttivi. A realizzarlo è addirittura un medico inglese, tale J. A. Calantarients; egli propose la costruzione di un edificio su uno strato di sabbia fine e talco che permettesse all’edificio di scorrere in caso di sisma. Il dottore, come detto, si spinse anche nell’ideazione di ingegnose connessioni per le reti di gas e fognatura, in modo da evitare danneggiamenti dovuti ai grandi spostamenti. Le immagini che seguono mostrano il suo lavoro:
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Ed ecco come risolveva il problema dei collegamenti alle reti:
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Venti anni dopo, nel 1929, R. R. Martel propose il cosiddetto “Flexible first story concept“, che consisteva nell’introduzione di colonne flessibili al primo piano atte ad allungare il periodo naturale della struttura.
Il sistema ricorda il meccanismo di piano soffice di cui abbiamo parlato in un articolo precedente (“Terremoto in Abruzzo: il meccanismo di piano soffice nel crollo degli edifici“), ma mentre in quel caso trattasi di meccanismo pericolo e da evitare, in questo caso era un comportamento voluto e controllato.
Successivi sviluppi si ebbero con gli studi di Green (1935) e Jacobsen (1938), che portarono al “The Soft first Story Method” che introduceva il concetto di assorbimento dell’energia mediante plasticizzazioni. L’ospedale Olive View di Los Angeles fu costruito applicando questo concetto, ma l’applicazione non ebbe successo a causa dei vasti danni subiti a seguito del terremoto San Fernando del 1971, poco dopo la fine dei lavori di costruzione.
Il sistema si mostrò fortemente deficitario, subendo proprio il meccanismo di piano soffice, che doveva essere invece un virtuosismo della struttura:
Le conclusioni furono evidenti: non era possibile assorbire l’energia del sisma solo tramite un piano di colonne. Ma stiamo spingendoci su un terreno di confine tra l’isolamento e la dissipazione.
Torniamo al vero e proprio isolamento, perché le reali applicazioni, anche se con tecnologie ancora rudimentali, le troviamo nel 1960 nell’ex-Unione Sovietica, ma è solo nel 1969 che si assiste alla prima, pioneristica, applicazione di isolamento sismico, con la scuola elementare Johan Heinrich Pestalozzi di Skopje in Macedonia ad opera di un gruppo di ingegneri svizzeri.
Il sistema impiegato, denominato “Swiss Full Base Isolation 3D (FBI-3D)” consisteva in 5 semplici appoggi in gomma non armata, ottenuti da fogli di gomma larghi 70 cm e spessi 7.
Il fatto che la gomma non fosse armata si ripercuoteva sulla rigidezza verticale, paragonabile a quella orizzontale. L’elevata deformabilità della struttura in direzione verticale determinava un moto rotatorio con asse orizzontale (rocking) accoppiato al moto in direzione orizzontale.
L’adozione di questo sistema non risultò soddisfacente e si fu anche costretti ad inserire vincoli aggiuntivi ottenuti da blocchi di vetro per fronteggiare sollecitazioni di natura non sismica, come il vento.
Ma la strada era quella giusta e poco dopo, negli anni ’70 la Malaysian Rubber Producers’ Research Association (MRPRA) produsse in Inghilterra i primi dispositivi elastomerici in gomma armata, mediante un processo produttivo basato sulla vulcanizzazione di strati di gomma con lamierini di acciaio.
In realtà era già da tempo che alcuni studiosi si stavano interessando di isolatori in gomma ed acciaio, come A. N. Gent e P. B. Lindley, i quali si occuparono del problema facendo molte ricerche dal 1958 al 1981. Il loro interesse era rivolto alle principali caratteristiche della gomma e le proprietà di tensioni, rottura, compressione pura, compressione e taglio di gomma e lamierini in acciaio.
Facendo coincidere la produzione di questi sistemi con l’inizio dell’era moderna dell’isolamento sismico, possiamo individuare anche la prima applicazione, in Francia, sempre negli anni ’70. L’occasione è dato dall’intervento atto a proteggere una serie di centrali nucleari da terremoti di intensità pari a 0.2g il quale aveva come punto fermo l’evitare di apportare modifiche alle strutture esistenti. Furono impiegati isolatori in gomma (neoprene) armata e, successivamente, per aree a maggiore intensità sismica, una combinazione di isolatori in gomma armata e dispositivi a scorrimento, aventi un coefficiente di attrito pari al 20%.
Il sistema, denominato “Electricite-de-France system” era di questo tipo:
In pratica, era una combinazione di sistema elastomerico e dispositivo a scorrimento; vi era il cuore in neoprene con lamine d’acciaio collegato a piatti di bronzo, a loro volta collegati a piatti d’acciaio inossidabile. Il neoprene aveva una capacità di spostamento limitata e, quando si superava tale limite, i piatti d’acciaio cominciavano a scorrere su quelli in bronzo, garantendo l’isolamento anche per grandi scorrimenti.
Il problema di questo sistema consisteva nell’assenza di un dispositivo di ricentraggio, se escludiamo il contributo dato dalla nucleo in neoprene in fase di scarico.
Sempre negli anni ’70 vi è un’altra applicazione di isolamento sismico moderno, questa volta per un ponte sul fiume Rangitikei, in Nuova Zelanda; il sistema si basava sull’accoppiamento di elementi flessibili ed elementi dissipativi, realizzati con barre d’acciaio sottoposte a torsione.
E’ negli anni che vanno dal 1970 al 1980 che si ha una forte diffusione delle tecniche di isolamento sismico per ponti e viadotti, con molte applicazioni in Giappone. Ma la fine degli anni ’70 vede anche l’ingresso in scena dell’Italia, che in breve acquisì la leadership mondiale nel settore.
Gli anni ’80 caratterizzano la definitiva consacrazione dell’isolamento sismico, con una vasta diffusione di applicazioni in tutto il mondo, soprattutto negli USA ed in Nuova Zelanda, grazie agli isolatori elastomerici ad elevato smorzamento basati sull’impiego di gomma ad alta dissipazione (HDRB) o con inserti in piombo (LRB). Non da meno è il Giappone, grazie al notevole impiego di dispositivi elastomerici a basso smorzamento (LDRB) accoppiati con dissipatori di tipo viscoso o isteretico (si rimanda ad un articolo futuro una trattazione dei vari sistemi esistenti).
In quegli anni ci furono molte campagne numerico-sperimentali sull’isolamento sismico e tutte evidenziavano l’ottima resa di questi sistemi, ma è verso la metà degli anni ’90 che arrivò la prova sul campo degli effettivi benefici di questi isolatori. Nel biennio 1994-1995, infatti, si ebbero due eventi sismici catastrofici: Northridge in California nel ’94 e Kobe in Giappone nel ’95. Nonostante la notevole intensità dei due eventi, però, le aree colpite presentavano alcune strutture sismicamente isolate che si comportarono particolarmente bene. Interessante è il confronto tra l’Olive View Hospital e l’University Teaching Hospital; il primo era l’ospedale severamente danneggiato nel 1971, che fu poi ricostruito ma con struttura di tipo convenzionale, mentre il secondo era un edificio sismicamente isolato. L’Olive View fu soggetto ad un’accelerazione misurata al tetto di quasi 3 volte superiore a quella misurata in fondazione e, anche se non subì danni alla struttura, fu danneggiato nelle finiture e nelle attrezzature, dovendo bloccare ogni attività, mentre il secondo riuscì a restare completamente operativo ospitando addirittura i degenti del primo ospedale.
Ma non fu solo l’University Teaching Hospital a mostrare sul campo tutte le potenzialità dell’isolamento sismico, perché anche l’edificio del ministero delle Telecomunicazioni della prefettura di Sanda City subì lo stesso sisma, senza però riportare nessun danno. Di seguito è riportata un’immagine che mostra le dimensioni della struttura (il più grande edificio isolato a quel tempo):
Ed ecco in dettaglio uno degli isolatori impiegati:
Le esperienze dell’University Teaching Hospital e del ministero di Sanda City colpirono a tal punto da far avere una crescita esponenziali di nuove applicazioni di isolamento sismico. Bisogna tenere ben presente, infatti, che il terremoto di Kobe fu estremamente catastrofico. Giusto per avere un’idea, le immagini che seguono sono estremamente esemplificative:
Osservare queste scene apocalittiche ed immaginare che ci siano stati edifici rimasti completamente intatti e, addirittura, pienamente operativi, sembra incredibile.
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Sempre negli anni ’90 l’isolamento sismico si mette in luce anche nel campo degli interventi di adeguamento, con il notevole vantaggio, rispetto alle tecniche tradizionali, di non dover toccare la struttura esistente. Negli Stati Uniti si assiste ai primi interventi di questo tipo, in particolare con la City Hall di Oakland. L’edificio era particolarmente importante per vari motivi, anzitutto perché fu il primo edificio alto governativo degli Stati Uniti, in secondo luogo perché nel 1914, ai tempi della sua costruzione, era il più alto edificio della costa occidentale con i suoi 324 piedi di altezza; inoltre, l’edificio è segnato nel registro storico dei monumenti degli Stati Uniti, quindi era importante conservare sia l’architettura interna che l’impostazione storica della struttura.
L’edificio già subì notevoli danni con il terremoto di Loma Prieta del 1989 e gli interventi avevano previsto l’impiego di 111 isolatori in gomma armata, di cui 36 con inserti in piombo. L’inserimento dei dispositivi avvenne con taglio delle colonne al primo piano e temporaneo impiego di martinetti idraulici. Di seguito è mostrato il comportamento della struttura nel caso di base fissa e di base isolata:
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Non da meno fu l’intervento di adeguamento della San Francisco City Hall:
Anche in questo caso bisognava essere particolarmente rispettosi nell’intervenire, dato che l’edificio, costruito nel 1915, è oggi riconosciuto come uno dei più importanti e significativi esempi di architettura classica negli Stati Uniti. La struttura, alta 300 piedi, aveva un problema notevole: si basava sul concetto di piano soffice per dissipare energia, lo stesso sistema applicato nell’ospedale Olive View che rovinò clamorosamente nel 1971; questo, unitamente ad altri problemi di discontinuità strutturale, rendevano la dinamica dell’edificio particolarmente sfavorevole. E infatti nel terremoto di Loma Prieta del 1989 anche questo edificio fu severamente danneggiato.
In realtà l’isolamento sismico non fu l’unica soluzione contemplata, ma bensì ce ne furono quattro al vaglio degli ingegneri:
- base isolata;
- base fissa e pareti di taglio (shear walls) in cemento armato;
- base fissa e controventi in acciaio;
- base fissa ed intelaiatura (MRF) in acciaio, mantenendo il piano soffice.
A fronte di un’accelerazione alla base di circa 0.20g, si aveva per la sovrastruttura 0.23g nel caso di base isolata, 0.65g per la soluzione 2 e 3 e 0.50g per la soluzione 4 (grazie al piano soffice che fungeva in parte da isolante).
Ma non solo, perché la soluzione 1 era quella che prevedeva l’intervento minimo sulla struttura esistente, la soluzione 2 richiedeva l’inserimento delle pareti di taglio e la ricostruzione del tamburo della cupola, la soluzione 3 era simile alla 2, con anche un maggiore impatto nelle parti interne, infine la soluzione 4, la quale richiedeva la ricostruzione del primo piano.
Sulla scorta di queste analisi lo schema a base isolata risultò essere quello più soddisfacente sia per gli obbiettivi dell’adeguamento, sia per le prestazioni, sia per i costi.
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Ma veniamo all’Italia, perché si è detto che gli anni ’70 videro il Belpaese in primo piano in questo settore, acquisendo addirittura la leadership mondiale. In particolare è il 1976, con il terremoto in Friuli, che si ebbe la pietra miliare. Tra tutte le opere in costruzione nel tratto autostradale Udine-Carnia l’unica a non aver subito danni fu il viadotto di Somplago, grazie ad una protezione sismica basata sull’isolamento. La soluzione era semplice, ma si rivelò estremamente efficace.
E’ l’esperienza sul campo che mette in luce la qualità dell’isolamento sismico e ne favorisce la distribuzione; è andata così per i terremoti di Kobe e Northridge e lo è stato anche per il Friuli: la Società Autostrade si convinse della bontà di queste soluzioni e ne prescrisse l’adozione anche per i ponti ed i viadotti del successivo tratto Carnia-Tarvisio.
Ma non solo, perché nel 1990 furono emesse le “Istruzioni per la progettazione antisismica dei ponti con l’impiego di dispositivi isolatori/dissipatori“, le quali furono particolarmente importanti in quanto tra le prime al mondo.
Il viadotto di Somplago e le istruzioni successive diedero una tale spinta al settore che in 10 anni, dal 1983 al 1993, vi furono 150 nuove applicazioni, con circa 150 000 metri lineari di impalcato.
Non si può dire lo stesso per gli edifici però, dato che delle tante proposte progettuali solo 15 si concretizzarono effettivamente. Sostanzialmente il problema risiedeva nella mancanza di una normativa di riferimento e di un complesso iter necessario per ottenere l’approvazione dei progetti da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
Solo nel 1993 si ebbero le prime “Linee Guida per il progetto di edifici con isolamento sismico“, grazie al Servizio Sismico Nazionale (SSN).
Dopo altri 5 anni, nel 1998, furono emanate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici [C.S.LL.PP.] le “Linee Guida per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Collaudo delle opere isolate dal sisma“.
Ad oggi sono parecchie le applicazioni ed è fervente l’attività di ricerca, con l’intento di mettere a punto soluzioni sempre più efficienti.
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Vediamo adesso più in particolare gli edifici a cui si è accennato, costruiti a partire dalla fine degli anni ’80.
Anzitutto va citato il Quartier Generale dei Vigili del Fuoco, realizzato nel 1981; sia per la struttura che per il sistema d’isolamento il progettista fu il prof. Federico Massimo Mazzolani della facoltà di Ingegneria della Federico II di Napoli. La struttura, di 5 piani, fu prevista poggiante su 24 isolatori in neoprene e teflon.
Nel 1985 ci fu un’altra applicazione, sempre a Napoli e sempre ad opera del prof. Federico Massimo Mazzolani: l’edificio della Brigata Mobile dei Vigili del Fuoco. La struttura, di 4+2 piani, era in acciaio e poggiava su 24 dispositivi misti ad isolamento e dissipazione.
Nel 1989 fu la volta di un Centro Civico della INAIL realizzato ad Ancona, Monte D’Ago, ad opera della Gen. Edil. S.p.A. su progetto dell’ing. Fabrizio De Miranda. La struttura di 4 piani fu realizzata poggiante su 12 dispositivi in gomma neoprene armata di 900 mm di diametro e 180 mm di altezza, di cui 120 di solo neoprene. Lo spostamento di progetto ammontava a 52 mm, con una deformazione a taglio di progetto del 43%.
Veniamo agli ’90, in particolare 1990, con l’impiego degli isolatori ad Ancona nell’attuale sede amministrativa della Telecom. Il progettista dell’edificio, di 8 piani in cemento armato e completato nel 1989, era G. C. Giuliani. Furono impiegati 61 isolatori elastomerici ad elevato smorzamento (HDRB) di 500 e 600 mm. L’altezza dei dispositivi era di 207 mm totali, di cui 144 di sola gomma. Lo spostamento di progetto era pari a 140 mm, con il 100% di deformazione a taglio di progetto. L’edificio è mostrato nell’immagine seguente:
Nel 1992 si ha l’impiego degli isolatori a Squillace Marina, Catanzaro, per la prima applicazione per appartamenti, realizzati dalla Gatto Costruzioni S.p.A. Gli isolatori, di tipo elastomerico ad alto smorzamento (HDRB) erano 27 di 2 taglie diverse: 13 da 500 mm e 14 da 400 mm. L’altezza totale era di 253 mm, di cui 136 di sola gomma. Lo spostamento di progetto era di 127 mm, con il 100% di deformazione a taglio di progetto. Il progettista degli isolatori fu F. Vestroni, il costruttore la Alga.
Ad Ancona, sempre nel 1992, ci fu un’altra applicazione per il Nucleo Arruolamento Volontari della Marina Militare. L’edificio doveva servire da centro medico. I progettisti, sia della struttura che degli isolatori, erano Antonucci, Giacchetti e Mancini. Per l’edificio, di 2 piani, furono impiegati 44 dispositivi elastomerici ad elevato smorzamento aventi uno spostamento di progetto di 98 mm ed un carico verticale di progetto di 1115 kN. L’edificio è mostrato nell’immagine seguente:
L’anno seguente, 1993, si hanno 2 applicazioni ad Augusta, Siracusa. La prima riguarda il Centro Medico Legale della Marina Militare, realizzato da Antonucci, Giacchetti e Mancini e completato nel 1994. L’edificio, di 3 piani in cemento armato, fu previsto poggiante su 24 isolatori HDRB aventi uno spostamento di progetto di 185 mm con un carico verticale di progetto di 818 kN. I progettisti dell’edificio si occuparono anche del progetto degli isolatori. L’edificio è mostrato nell’immagine seguente:
La seconda applicazione, sempre ad Augusta, riguarda degli edifici residenziali per la base della Marina Militare. I progettisti – Antonucci, Giacchetti e Mancini – si occuparono dell’edificio in cemento armato di 4 piani e dei 48 isolatori HDRB aventi uno spostamento di progetto di 160 mm con un carico verticale di progetto di 515 kN. L’edificio è mostrato nell’immagine seguente:
L’anno seguente, 1994, è la volta di Messina, con l’applicazione degli isolatori sismici al Centro Radar per il controllo del traffico sullo stretto.
Nel 1995, a Potenza, si concluse un periodo ricco di interventi per l’isolamento sismico con l’installazione di dispositivi elastomerici per l’Università della Basilicata. Braga, Grimaldi e Dolce (nella veste di consultente per l’isolamento sismico) progettarono sia la facoltà di agraria che il dipartimento di matematica. La prima consisteva di 5 edifici, di cui 4 isolati sismicamente; di questi 2 erano di 5 piani ed altri 2 erano di 6 piani, per aree di 54×18 e 41.4×18 m (15200 m² totali per i 4 blocchi isolati). Per il complesso, realizzato in cemento armato, furono impiegati in totale 132 isolatori elastomerici ad elevato smorzamento, di lato pari a 500 e 800 mm, con 350 mm di altezza totali, di cui 190 di sola gomma. Lo spostamento di progetto era di 170 mm, con il 90% di deformazione a taglio e 400 kN di carico verticale di progetto. Ad occuparsi del progetto degli isolatori fu Mauro Dolce per la TIS S.p.A. di Roma.
La seconda struttura, il dipartimento di matematica, era ancora in cemento armato e furono impiegati 89 isolatori elastomerici HDRB di lato 500 e 750 mm, per un’altezza totale di 350 mm, di cui 190 di sola gomma. Anche in questo caso ad occuparsi degli isolatori fu Mauro Dolce.
Con il 1995 si concluse un periodo molto positivo per l’isolamento sismico, con l’Italia che nel frattempo aveva assunto la leadership mondiale nel settore. Passarono 5 anni, però, prima di vedere una nuova applicazione: nel 2000 fu commissionata dalla ATER (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale) la costruzione di due edifici a Rapolla, Potenza. Dei due edifici uno era di tipo tradizionale ed un altro isolato alla base. I due edifici erano situati in zona sismica di prima categoria ed erano contigui e perfettamente identici. E’ interessante mettere a confronto le sezioni dei due edifici per valutare le differenze tra la soluzione a base fissa e quella a base isolata:
Interessante anche la visione delle piante delle fondazioni; la prima è relativa alla soluzione a base fissa:
ed ecco quella relativa alla soluzione a base isolata:
La struttura isolata fu prevista con 28 isolatori cilindrici in neopreme armato ad alto smorzamento (HDRB). Il diametro degli strati di gomma era di 500 mm, mentre quello degli strati di acciaio era di 480 mm, con un’altezza totale di 242 mm con 136 mm di gomma. La massima deformazione tangenziale di progetto era pari al 134%, per uno spostamento di 18 cm, mentre la massima portata verticale era pari 1500 kN.
In fase di progettazione è importante prevedere anche l’accesso per l’ispezione e la sostituzione dei dispositivi, con ovvie ripercussioni sulle scelte progettuali.
Altro aspetto importante riguarda la modellazione: il calcolo della struttura è stato effettuato modellando gli isolatori come elementi elastici di rigidezza pari a quella efficace, ovvero la rigidezza secante in corrispondenza dello spostamento di progetto.
Altro elemento tenuto in considerazione è stato il massimo spostamento della struttura, la quale non doveva venire a contatto con elementi fissi; così, a fronte di uno spostamento massimo previsto di 18 cm, è stato previsto un distanziamento di 30 cm rispetto ai muri di contenimento perimetrali.
Veniamo adesso all’isolamento misto, perché al di sopra dei 28 isolatori elastomerici posti alla base dell’edificio sono state montate in serie delle slitte a basso attrito in acciaio/teflon in modo tale da poter usare, per ogni singolo appoggio, o la parte elastomerica o la parte scorrevole. Il passaggio da un sistema all’altro avviene bloccando alla traslazione orizzontale la parte elastomerica, mediante dei controventi in acciaio, e sbloccando la parte scorrevole mediante lo smontaggio di apposite boccole. L’immagine che segue risulterà particolarmente esemplificativa:
Il sistema misto può funzionare in 2 modi:
- solo isolatori elastomerici;
- isolatori elastomerici e slitte.
Nel secondo caso si possono avere HDRB bloccati e slitte sbloccate miste a HDRB sbloccati e slitte bloccate.
Il motivo di un funzionamento misto risiede nel raggiungimento di uno specifico target prestazionale; con i soli HDRB, infatti, si aveva un periodo pari a 1.47 secondi, a fronte dei 2 secondi previsti di progetto, con uno smorzamento equivalente relativo al critico pari al 17% a fronte del 10% previsto di progetto.
Con opportuna selezione dei dispositivi da bloccare/sbloccare si arrivò al periodo previsto, in particolare con 12 HDRB e 16 slitte sbloccate alla traslazione, arrivando proprio a T = 2 sec ed uno smorzamento equivalente pari al 30%.
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TO BE CONTINUED…
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Di seguito è disponibile l’articolo in formato .PDF:
Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi
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Francesco Salvatore Onorio
P.S. si ringraziano i professori, i ricercatori ed i professionisti che hanno contribuito alla stesura di questo articolo mediante testi scientifici, pubblicazioni, realizzazioni e quanto altro. Si citano in particolare, in ordine sparso:
- A. De Luca;
- E. Cosenza;
- F. M. Mazzolani;
- M. Dolce;
- G. M. Calvi;
- G. Magenes;
- D. Cardone;
- M. Forni;
- F. Braga;
- M. Mezzi;
- A. Dusi;
- A. Martelli;
- P. E. Pinto;
- G. Manfredi;
e molti altri ancora.
OTTIMO! Grazie; spero che ci sia un seguito applicativo e che analogo lavoro sia possibile per i controventi dissipativi. Saluti.
Ciao Manfredo,
l’articolo, ancora da completare con altri esempi, dovrebbe essere il primo di una serie di 4 articoli:
1. Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi (da continuare);
2. Tipi di isolatori esistenti e loro comportamento in dettaglio;
3. Criteri di dimensionamento;
4. Studio in dettaglio di un’applicazione realmente esistente (ancora da decidere… non so se una grande opera, come l’Ospedale del Mare di Napoli, oppure una costruzione più comune come una residenza di qualche piano).
Per i controventi dissipativi si potrebbe fare qualche cosa, tempo permettendo. Magari proprio su quelli eccentrici (EBF) che presentano sia i vantaggi dei controventi concentrici (CBF) che dei telai (MRF).
Appena avrò tempo butterò giù qualche riga.
Credo che a questo articolo (direi gia’ di per se molto completo) potresti farne seguire altri che spieghino i criteri di calcolo di strutture isolate o con controventi dissipativi. Te lo dico perche’ in Italia si trova pochissimo in materia, e sarebbe un grande scoop per questo blog. Per il resto, ti faccio per l’ennesima volta i complimenti per questo blog, che piu’ che da un professionista, sembra essere stato fatto da un professore universitario.
Sempre troppo gentile Gilean. Comunque si, è qualcosa che ho in programma.
Per adesso, a tempo perso, sto finendo il secondo articolo, che passa in rassegna le metodologie che abbiamo a disposizione per fronteggiare le azioni sismiche, ovvero:
1. controllo attivo;
2. controllo passivo;
3. controllo ibrido.
Illustrando i vari sistemi e dispositivi per ognuno dei gruppi suddetti (Active Mass Driver, Active Variable Stiffness, Active Variable Dampers, Hybrid Mass Dampers, dissipatori isteretici per snervamento, dissipatori viscosi, dissipatori per attrito, dissipatori visco-elastici, ecc, ecc).
Dopo aver chiarito per bene le nozioni fondamentali è in programma sia un articolo che illustrerà come progettare un dispositivo di isolamento che lo studio di un’applicazione reale, come l’Ospedale del Mare di Napoli.
Insomma, di roba da scrivere ce n’è tanta, manca solo il tempo…
Molto interessante. Attendo il seguito.
[…] In un precedente articolo abbiamo parlato in generale dell’isolamento sismico, percorrendo le tappe storiche più importanti e mettendo in evidenza come questa tecnica considerata innovativa sia in realtà molto antica (si veda “Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi“). […]
[…] a parlare di isolamento continuando un percorso iniziato con un excursus storico sul tema (”Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi“) ed una rassegna delle tipologie di controllo della risposta di una struttura […]
ragazzi davvero grazie, utilissimo! sono uno studente di Architettura della Sapienza e sto facendo una tesi che riguarda anche l’aspetto dei dissipatori sismici, sopratutto quando impiegati in edifici preesistenti, avreste per caso consigli o dritte da seguire? mi fareste davvero un gran favore.
mail: criemelquadum@hotmail.com
Davvero utilissimo. sono una studentessa di ingegneria edile-architettura e sto proprio realizzando una ricerca sugli appoggi in gomma armata (semplici, con nucleo in piombo e con fogli di ptfe). dove posso trovare informazioni sui criteri di dimensionamento?
[…] Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi; […]
[…] recente, nonostante le prime applicazioni siano abbastanza antiche (si veda l’articolo “Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi“). Oltre ad essere un argomento affascinante, dunque, affascina anche il pensare che ci siano […]
[…] In un precedente articolo abbiamo parlato in generale dell’isolamento sismico, percorrendo le tappe storiche più importanti e mettendo in evidenza come questa tecnica considerata innovativa sia in realtà molto antica (si veda “Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi“). […]
[…] Le tappe storiche dell’isolamento sismico […]
[…] recente, nonostante le prime applicazioni siano abbastanza antiche (si veda l’articolo “Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi“). Oltre ad essere un argomento affascinante, dunque, affascina anche il pensare che ci siano […]
[…] Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi; […]
[…] Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi, strutturisti.wordpress.com. […]