In questo articolo viene trattato l’approccio delle normative nelle analisi dei dispositivi elastomerici; come spiegato più in dettaglio nel seguito, lo sfondo sul quale si muovono è sempre la teoria di base di James Kelly ed altri. La normativa italiana (DM ’08 e successive circolari), ad esempio, fa riferimento al calcolo dell’area ridotta per isolatori sotto carichi e deformazioni esattamente come nella teoria di base. Va inoltre rilevato che in seguito ad una serie di analisi FEM mediante il programma Abaqus, poi confrontate con i risultati di sperimentazioni al reale, le normative italiane hanno risposto particolarmente bene, con una predizione del comportamento abbastanza aderente al vero (meglio di quanto facciano le normative giapponesi, per intenderci). Tempo permettendo, sarà mio piacere discutere dei risultati con i lettori di questo sito. Ad ogni modo, ciò non toglie che vi siano parecchie approssimazioni, qualcuna anche non trascurabile in determinati casi. Determinati fenomeni vengono contemplati con semplici fattori moltiplicativi indipendentemente da altri strettamente interconnessi e la cui variabilità andrebbe, invece, tenuta in conto.
Passiamo ora ad analizzare il problema in maniera più dettagliata. Le normative italiane attualmente in vigore dettano le seguenti disposizioni:
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La prima condizione riguarda la stabilità nei confronti del carico critico. Le normative prevedono prima il calcolo del valore critico per poi applicare un coefficiente di sicurezza pari a 2. Il carico critico si calcola come segue:
Si ha quindi:
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Esplicitando i termini, da essa si ricava:
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con questa relazione si ha un dominio di questo tipo:
Dominio limite nei confronti del carico critico
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Una seconda limitazione imposta dalle normative riguarda la massima deformazione tagliante da spostamento laterale.
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quindi si il dominio viene tagliato in corrispondenza di un valore della deformazione laterale pari al 200%:
Dominio limite nei confronti del carico critico con limitazione sullo spostamento massimo laterale.
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In realtà le deformazioni taglianti non sono dovute solo allo spostamento laterale, ma bisogna tener conto della compressione e della rotazione angolare. La deformazione tagliante totale così ottenuta viene imposto dover essere minore del 500%:
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Esplicitando i termini:
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Ovvero:
Dall’ultima relazione possiamo ricavare un secondo valore della pressione limite al variare della deformazione; trascurando la rotazione angolare ed esplicitando V si ottiene:
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Esplicitando l’area ridotta e riscrivendo la relazione in funzione della pressione si ottiene:
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La curva che si ottiene da questa relazione è riportata di seguito:
Dominio limite nei confronti del carico massimo per deformazioni taglianti totali (<500%) con limitazione sullo spostamento massimo laterale.
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Quindi, ricapitolando, le limitazioni sono le seguenti:
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Combinando la prima e terza condizione si ottiene il seguente dominio:
Dominio limite nei confronti del carico critico e della deformazione tagliante totale con limitazione sulla deformazione tagliante totale.
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Marcato in nero vi è il dominio limite finale, ottenuto dal rispetto della seguente condizione:
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In realtà la pressione così ottenuta non è sicuro che possa essere compatibile con l’isolatore, in quanto non tiene conto delle piastre di confinamento contenute all’interno. Sotto grandi deformazioni e carichi verticali, infatti, le piastre tendono a lavorare per flessione, quindi con plasticizzazioni che avvengono molto prima di quanto previsto. Per approfondire questo aspetto è necessario anzitutto introdurre la verifica nei confronti della massima tensione agente nelle piastre:
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La relazione riportata conduce ad un dominio di questo tipo:
Domini precedenti con l’aggiunta della massima pressione ammissibile per le piastre di contenimento.
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Un isolatore che si pone all’interno del dominio tratteggiato in rosso (pm,lim1+pm,lim2) ma all’esterno di quello marcato in nero (pm,lim3) si trova al sicuro nei confronti del carico critico, delle massime deformazioni laterali e delle massime deformazioni taglianti totali, ma presenta le piastre snervate. Questa condizione non è ammissibile. La pressione massima deve dunque essere:
L’applicazione di questa relazione consente di individuare una pressione che rispetti sia le problematiche dovute al carico critico che a quelle dovute alla resistenza delle piastre metalliche.
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A giudizio del sottoscritto queste relazioni risultano di grande aiuto al progettista in quanto consentono di verificare in maniera abbastanza veloce le condizioni di lavoro. Qualcosa è stato scritto al riguardo, ma ad oggi le pubblicazioni attualmente in giro non tengono conto di molti degli aspetti fin qui visti (nessun accenno alla presenza del problema delle piastre all’interno dei domini, ad esempio).
Nei successivi articoli mi soffermerò sui fattori moltiplicativi adottati dalla normativa, sulle ragioni di tale scelta e sul perché in taluni casi questo modo di procedere conduce ad errori.
Alla prossima.
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Come al solito, per chiarimenti, segnalazioni o altro potete scrivere al sottoscritto alla seguente e-mail:
Ing. Onorio Francesco Salvatore
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