In un precedente articolo abbiamo parlato in generale dell’isolamento sismico, percorrendo le tappe storiche più importanti e mettendo in evidenza come questa tecnica considerata innovativa sia in realtà molto antica (si veda “Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi“).
In questo articolo passiamo in rassegna le varie tecniche di controllo della risposta attualmente a disposizione.
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- Tipologie di difesa dalle azioni sismiche
Il termine isolamento richiama qualcosa è fisicamente isolato, separato dal contesto; nel caso delle strutture ci si riferisce ad un edificio, un ponte o altra costruzione, che è separata dalle fondazioni. Aggiungendo il termine sismico ad isolamento si capisce anche lo scopo della separazione: disaccoppiare il moto del terreno da quello della sovrastruttura.
Il principio è quindi semplice, perché realizzando una separazione completa si avrà il terreno in moto per l’energia sprigionata dal sisma e la struttura ferma.
Vi è però un problema, perché l’unico modo che la struttura ha per sopportare i carichi verticali è di stare a contatto col terreno trasmettendo ad esso il peso. L’isolamento sismico è dunque in conflitto con questo fondamentale requisito strutturale. Sorge dunque il problema di trasmettere i carichi restando, al contempo, separati dal suolo; e idealmente una tale separazione dovrebbe essere totale. Fino ad ora non si è giunti ad un simile risultato ed è necessario accontentarsi di un compromesso tra le due opposte esigenze.
L’isolamento sismico, il cui fine è proteggere la struttura dalle azioni del sisma, non è l’unico sistema a disposizione per raggiungere questo scopo. E’ possibile individuare 2 gruppi di soluzioni:
- strutture simicamente resistenti:
- strutture a controllo della risposta.
Nel secondo gruppo è possibile individuare 3 tipi di controllo:
- passivo;
- attivo (e semi-attivo);
- ibrido.
Sono definiti a controllo passivo quei sistemi che non necessitano di energia per operare. Sono sistemi molto affidabili, dato che non sono soggetti ai black-out, comuni nel caso di terremoti. Il funzionamento si basa sul moto proprio della struttura per avere o un moto relativo con il dispositivo di controllo oppure mediante conversione dell’energia in calore. Nell’ambito del controllo passivo ricadono i sistemi a:
- isolamento sismico alla base;
- dissipazione di energia;
- massa smorzante accordata (Tuned Mass Damper, TMD);
- liquido smorzante accordato (Liquid Mass Damper, LMD).
Nell’ambito del controllo attivo (e semi-attivo) si hanno quei sistemi dotati della capacità di invertire il processo dinamico mediante apporto di potenze meccaniche esterne in funzione dello stato istantaneo generato dall’insieme delle azioni applicate al sistema, in modo da regolarne più favorevolmente il processo dinamico. Si individuano in questo gruppo sistemi a:
- massa smorzante controllata (Active Mass Damper, AMD);
- variazione di rigidezza (Active Variable Stiffness, AVS);
- smorzatori ad attrito attivi (Active Friction Dampers, AFD).
Infine, l’unione di un sistema di regolazione attivo ad un sistema già dotato di controllo passivo da luogo al cosiddetto controllo ibrido. Il vantaggio, a parità di prestazioni, risiede nelle minori richieste al sistema attivo in termini di forze ed energia. Si individuano in questo gruppo sistemi a:
- massa smorzante attiva o massa smorzante ibrida (Hybrid Mass Damper, HMD);
- isolamento alla base attivo.
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1.1 Sistemi a dissipazione di energia
La dissipazione serve per ridurre o fermare un’energia. Questo sistema può praticarsi mediante:
- dissipazione isteretica;
- dissipazione viscosa;
- dissipazione per attrito;
- dissipazione visco-elastica.
La dissipazione isteretica avviene generalmente mediante snervamento dell’acciaio, che può sopraggiungere per flessione, taglio o sforzo assiale. Gli elementi dissipativi vengono disposti in maniera tale che il metallo si possa deformare a causa degli spostamenti di piano.
Gli elementi dissipativi lavoranti per sforzo assiale vengono generalmente configurati come controventi diagonali, ma possiamo avere anche i cosiddetti “link” delle strutture con controventi eccentrici, i quali lavorano prevalentemente a flessione, taglio o flessione e taglio in funzione delle loro dimensioni (lungo, corto, intermedio).
Figura 1.1 – Dettaglio di un link corto
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Quello che segue è un tipico diagramma forza-smorzamento basato su isteresi:
Figura 1.2 – Diagramma forza-smorzamento per dissipazione isteretica
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La dissipazione viscosa avviene mediante dispositivi che resistono alle forze applicate in maniera proporzionale alla velocità di applicazione. La maggior parte dei dissipatori viscosi si basano sull’impiego di un fluido. Questi dispositivi presentano una bassa resistenza alla deformazione quando i carichi sono applicati in maniera molto lenta, ma tale resistenza aumenta all’aumentare della velocità di applicazione delle forze.
Il loro comportamento può essere descritto dalla relazione generale:
dove FD è la forza smorzante, C è il coefficiente di smorzamento, u è la velocità applicata, a è l’esponente dello smorzamento, sgn è la funzione che definisce il segno della forza in funzione del segno della velocità.
Il valore di a varia generalmente tra 0.3 e 1.0. Alcuni smorzatori hanno una valvola che provvede a limitare la velocità in maniera tale che oltre quel limite la forza smorzante rimanga costante.
Quello che segue è un tipico diagramma forza-smorzamento basato su dissipazione viscosa:
Figura 1.3 – Diagramma forza-smorzamento per dissipazione viscosa
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La dissipazione per attrito può essere ottenuta con svariati materiali usando superfici di scorrimento relativo, ad esempio acciaio su acciaio. Possono essere impiegati all’interno di controventi diagonali, in maniera simile agli smorzatori basati su snervamento.
Una relazione generale per rappresentare lo smorzamento equivalente per attrito è la seguente:
Dove g è il rapporto tra la forza al limite elastico e la forza al limite ultimo ( ≤ 1):
Risulta allora evidente che al limite, ovvero per g unitario, lo smorzamento equivalente massimo ottenibile vale:
La maggior parte dei dispositivi attritivi producono diagrammi forza-spostamento di tipo rettangolare.
Figura 1.4 – Diagramma forza-smorzamento per dissipazione dovuta ad attrito
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La dissipazione visco-elastica da luogo ad una forza smorzante dipendente dalla velocità di applicazione delle azioni con in aggiunta una rigidezza elastica. Il più comune tipo di dissipatore di questo tipo è costituito da due strati di polimero collegati a tre piatti, di cui uno centrale e due esterni.
Figura 1.5 – Dissipatori visco-elastici del World Trade Center
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La relazione generale che esprime la forza smorzante è la seguente:
dove keff è l’effettiva rigidezza dello smorzatore, u è lo spostamento e la derivata di u, come noto, è la velocità. Al contrario del dissipatore viscoso, lo smorzamento è in questo caso linearmente proporzionale alla velocità, ovvero si ha a unitario.
L’analisi di questo tipo di dissipatori è la più complessa, dato che richiede di studiarne le proprietà in funzione del livello di deformazione, la frequenza e la temperatura. Spesso è necessaria una progettazione iterativa con analisi multiple in modo da definire un intervallo di proprietà.
Figura 1.6 – Diagramma forza-smorzamento per dissipatore visco-elastico
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1.2 Sistemi Tuned Mass Dampers
I Tuned Mass Dampers sono un altro esempio di controllo passivo e si basano sul posizionare un sistema massa-molla-smorzatore locato generalmente in cima ad un edificio per contrastare il moto del suolo. Le proprietà di questo dispositivo vengono accordate alla frequenza naturale dell’edificio in modo da ridurre le vibrazioni della struttura; la sua presenza consente di bilanciare l’inerzia di una grande massa mediante un componente strutturale, quale ad esempio un blocco di cemento armato, posizionato in maniera tale da avere spostamento in una direzione se l’edificio si muove nella direzione opposta.
In particolare, facendo schematizzando l’edificio come un oscillatore semplice, si ha una massa m1 collegata al suolo mediante un fusto di rigidezza k1 e si vuole impiegare una massa smorzante m2 la quale è connessa in serie alla massa maggiore mediante una molla di rigidezza k2 ed un ammortizzatore di viscosità c2. Scegliendo accuratamente le proprietà della molla e dell’ammortizzatore si ottiene un sistema che rapidamente attenua il moto della massa maggiore, facendo in modo che l’energia di vibrazione della struttura venga assorbita dalla massa smorzante.
La capacità di assorbimento di energia del sistema TMD dipende da:
- rapporto tra le masse m2/m1;
- rapporto tra le rigidezze k2/k1;
- il rapporto tra la frequenza (accordante) del TMD e quella del’edificio;
- il rapporto tra lo smorzamento del TMD e quello della struttura.
L’effetto del TMD può essere visto come un cambiamento delle capacità di smorzamento possedute dalla struttura. Nel caso di strutture con capacità di smorzamento basse e con un modo dominante, il TMD è particolarmente efficiente nel ridurre il picco di risposta e la risonanza.
Il problema di questo sistema risiede nel fatto che sono efficienti solo per un modo di vibrare, quello dominante, ovviamente, ed inoltre richiedono molto spazio.
Per ovviare al problema dell’efficienza per un solo modo sono stati ideati i sistemi a MTMD, Multiple Tuned Mass Dampers, ma dopo una serie di studi e sperimentazioni non si è arrivati ancora ad una conclusione certa sulla maggiore efficienza di questi ultimi rispetti ai sistemi a massa singola.
Di seguito è riportato un grafico che mostra l’efficienza del sistema a TM singola al variare del rapporto tra la frequenza del TMD e quella della struttura; si nota che quando le frequenze coincidono, o comunque sono molto vicine, lo smorzamento effettivo raggiunge i valori massimi:
Figura 1.7 – Variazione dello smorzamento effettivo al variare del rapporto tra le frequenze
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Veniamo alle applicazioni dei TMD: questa strategia di controllo è stata implementata in molte strutture, come ad esempio il John Hancock Building di Boston, la Sydney Tower in Australia, il City Corp Center di New York, la Fukuoka Tower in Giappone, …
Figura 1.8 – Il Tuned Mass Damper della Fukuoka Tower
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Di seguito è invece riportato lo schema del Tuned Mass Damper installato al 63° piano del già citato City Corp Center di New York nel febbraio 1978; la massa impiegata, 373000 kg di cemento, può scorrere in due direzioni in funzione delle frequenze calcolate.
Figura 1.9 – Il Tuned Mass Damper del City Corp Center
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1.3 Sistemi Tuned Liquid Dampers
Una variazione del Tuned Mass Damper è il Tuned Liquid Damper, che ha come smorzante una massa di liquido. L’ondeggiare del liquido in un serbatoio consente di dissipare energia. Questo sistema ha alcuni vantaggi, quali il basso costo e la semplicità di installazione e variazione della frequenza.
Principalmente il TLD si è diffuso in Giappone, per il controllo delle vibrazioni indotte dal vento ma, nonostante un’effettiva riduzione delle azioni che possono arrivare fino al 70%, i TLD non si sono dimostrati efficienti come i TMD.
Figura 1.10 – Il Tuned Liquid Damper della Comcast Tower
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1.4 Sistemi Active Mass Dampers
I sistemi Active Mass Dampers, noti anche come Active Mass Driver, sono i più impiegati tra i dispositivi a controllo attivo; sono simili ai Tuned Mass Dampers, essendo basati anch’essi sul connubio massa-molla-smorzatore, ma possono essere considerati come una loro evoluzione. La differenza risiede nella presenza di un attuatore che viene impiegato per posizionare la massa istante per istante, in modo da incrementare l’ammontare di smorzamento raggiunto ed il range di frequenze del dispositivo.
Figura 1.11 – Dettaglio di un attuatore per AMD
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L’attuatore viene impiegato per risolvere il problema principale dei sistemi a TMD, ovvero l’efficienza per il solo primo modo di vibrare. Il controllo attivo consente di operare con una banda di frequenza più larga.
L’attuatore viene posizionato tra la struttura e la massa accordata, secondo lo schema che segue:
Figura 1.12 – Differenze schematiche tra AMD e TMD
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Gli AMD furono proposti negli anni ’80 ma la prima installazione risale al 1989, per il Kyobashi Seiwa di Tokyo ad opera della Kajima Corporation.
Figura 1.13 – Foto e schema della Kyobashi Seiwa
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Gli AMD si fanno apprezzare per un loro notevole vantaggio economico: rispetto agli altri sistemi di controllo attivo richiedono attuatori che occupano minore spazio richiedendo anche minori forze per operare.
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1.5 Sistemi Active Variable Stiffness
I sistemi Active Variable Stiffness si basano sul modificare la rigidezza della struttura, e quindi la sua frequenza naturale, in modo da evitare condizioni di risonanza. Generalmente vengono installati all’interno di controventi per aumentare o diminuire la rigidezza quanto necessario. Solitamente il consumo di questi sistemi è molto basso, intorno ai 20 W, e infatti molti preferiscono considerare gli AVS come dei sistemi semi-attivi, proprio per il quasi nullo apporto di energia dall’esterno.
Una peculiarità di questi sistemi è la loro capacità di auto-attivarsi, in caso di black-out, aumentando automaticamente la rigidezza della struttura.
La prima applicazione di questi sistemi la si è avuta nel Kajima Technical Research Institute, disponendo gli AVS su entrambi i lati della struttura.
Figura 1.14 – Schema degli AVS montati nel Kajima Technical Research Institute
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Come si può notare dallo schema, l’AVS sembra a tutti gli effetti un sistema a controventi, ma in più presenta un cilindro idraulico, un pistone ed una valvola di controllo. La valvola può essere aperta o chiusa. Quando la valvola è aperta il fluido scorre liberamente e disimpegna la connessione trave-controvento, riducendo quindi la rigidezza strutturale. Ovviamente, chiudendo la valvola la rigidezza aumenta. Mediante la regolazione della valvola si può regolare la rigidezza strutturale in modo da minimizzare la risonanza durante un evento sismico.
Figura 1.15 – Dettaglio schematico di un AVS
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1.6 Sistemi Active Friction Dampers
I sistemi ad attrito variabile si basano sull’impiego di un attuatore elettromagnetico per variare lo smorzamento dovuto ad attrito. L’attuatore si occupa di regolare lo sforzo normale da trasferire ad un controvento interfacciato al dispositivo e, dato che la forza di attrito è proporzionale allo sforzo normale, il controllo dell’attrito consente di avere controllo sullo smorzamento.
Un altro tipo di smorzatore ad attrito variabile si basa sugli attuatori piezoelettrici proposti da Chen e Chen, i quali possono produrre significative tensioni se sottoposti ad un campo elettrico e soggetti ad un vincolo al moto.
In realtà questi dispositivi, largamente usati nell’industria aeronautica, hanno una capacità limitata nel controllare la risposta delle strutture soggette a sisma e vento, quindi hanno trovato maggiormente applicazione nella regolazione degli smorzatori ad attrito, ottenendo così gli smorzatori ad attrito piezoelettrici (Piezoelectric Friction Dampers, PFD).
Regolando il campo elettrico sugli attuatori PZT, mediante un algoritmo accordante, viene regolato lo sforzo normale e, quindi, la forza d’attrito.
Figura 1.16 – Immagine e schema di attuatore piezoelettrico
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Questi dispositivi sono ancora oggetto di studio ed è necessaria ulteriore ricerca prima che possano trovare effettiva diffusione nel campo delle applicazioni ingegneristiche.
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Di seguito potete scaricare l’articolo completo in versione .PDF:
Tipologie di difesa dalle azioni sismiche
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Francesco Salvatore Onorio
Ottimo articolo. Una panoramnica esauriente e completa. Per pignoleria ti segnalo che le fig. 1.1 ed 1.9 non risultano ben leggibili. Ciao.
Ciao Manfredo.
Purtroppo il template costringe a ridurre le dimensioni delle immagini per farle entrare.
Copiando il link, incollandolo nel browser e cancellando le stringe relative al dimensionamento, si vedono un po’ meglio
Figura 1.1:
http://strutturisti.files.wordpress.com/2009/05/ofs-link.jpg
Figura 1.9:
http://strutturisti.files.wordpress.com/2009/06/ofs-tuned-mass-citicorp.jpg
(Con la rotellina del mouse+CTRL possono essere ulteriormente ingrandite, almeno con Firefox)
Queste si vedono meglio. Due domande:
nel caso di controvento eccentrico ad isteresi del tipo della fig.1.1 , l’ elemento orizzontale può anche essere una trave soggetta a carichi verticali oppure è meglio che sia un elemento a se stante?
Una curiosità sui TMD ; su un libro del GLISS ho letto che in alcuni templi indiani (o Birmani?) è stata scoperta nella intercapedine del tetto, una grossa pietra appesa al soffitto, che si potrebbe ipotizzare fosse un primordiale TMD.
La trave a cui appartiene il link può anche portare carico verticale, ma a tal proposito Mazzolani consiglia di realizzare una doppia trave su cui va a poggiare il solaio.
In pratica, consiglia di realizzare un sistema di trave gemelle, una per il link ed un’altra per i soli carichi del solaio, su cui appunto si andranno ad inserire i connettori.
Le due travi, poste a breve distanza, possono essere collegate mediante un sistema di tralicci orizzontali in modo da controventare la trave-link nei confronti dell’instabilità flesso-torsionale.
Di contro, si perde parecchio in termini di semplicità costruttiva.
Per quanto riguarda i templi indiani, non saprei dirti. Il testo cui fai riferimento ho in programma di acquistarlo ma non l’ho trovato in libreria. Mi pare che lo posso prendere solo online…
Non mi sorprenderebbe un TMD rudimentale però, dato che le teorie alla base del ragionamento, per quanto raffinate possano essere le nostre trattazioni di sismica, per quanto complesse possano essere le relazioni usate, non sono poi così tanto complicate.
(Almeno apparentemente, poi il genio che le scopre per la prima volta c’è sempre…)
Manfredo, ulteriori dettagli su quello che hai chiesto li trovi in
“Edifici con Struttura di Acciaio in Zona Sismica”
di Mazzolani et al. Vedi pag. 165.
Con scaramantica immodestia “quoto”.
A parte gli scherzi, nei TLD il liquido è acqua o qualcosa d’ altro?
L’acqua viene impiegata, ma non so se si usano anche altri fluidi nei TLD.
Pare che siano allo studio anche liquidi particolari capaci di modificare le proprie caratteristiche in base agli impulsi ricevuti. I sistemi a controllo attivo, con le cosiddette “smart structures“, impiegano sensori applicati alla struttura che emettono segnali (analogici o digitali) ricevuti da un processore, questi segnali vengono elaborati e poi vengono mandate informazioni agli attuatori, i quali modificano opportunamente la risposta della struttura. Nei classici smorzatori ad esempio si ricorre spesso ai fluidi elettroreologici (si attivano quando sottoposti ad un campo elettrico) e magnetoreologici (si attivano quando sottoposti ad un campo magnetico).
Ma non so se vengono sfruttate queste proprietà direttamente sui liquidi dei TLD.
[…] Torniamo a parlare di isolamento continuando un percorso iniziato con un excursus storico sul tema (”Isolamento sismico: le tappe storiche dal 1266 ad oggi“) ed una rassegna delle tipologie di controllo della risposta di una struttura (”Tipologie di difesa dalle azioni sismiche: controllo attivo, semi-attivo, passivo, ibrido“). […]
[…] Tipologie di difesa dalle azioni sismiche: controllo attivo, semi-attivo, passivo, ibrido; […]